NEWSLETTER
30/12/09
SMS SOLIDALE
22/12/09
AMBIENTE
Gli elementi facilmente visualizzabili da questa animazione sono: l’incremento anno dopo anno della concentrazione di Co2 e le variazioni stagionali abbastanza rilevanti di queste concentrazioni. Nell’emisfero nord i picchi di concentrazione sono ad aprile/maggio e il minimo è invece raggiunto a settembre/ottobre. Nell’emisfero meridionale il ciclo è invertito.
lo studio e l'analisi di questa ricerca si fermano al 2008...pensate che oggi alla fine del 2009 siamo finalmente riusciti ad invertire la tendenza?
21/12/09
PROSSIMA RIUNIONE
ciao a tutti,
con questo nuovo messaggio ti segnaliamo che il 17 Gennaio 2010, alle ore 21:00 presso i locali dell'oratorio di Peveragno ci ritroveremo nuovamente per definire tutti i punti del nostro Statuto (di cui puoi trovare una prima Bozza sul nostro sito a questo link).
Diffondi la notizia alle persone che pensi possano essere interessate ed invitale a partecipare.
Una nuova, giovane e piccola goccia sta per cadere nel mare della solidarietà, aspettiamo anche te!!!
02/12/09
FINALMENTE!!!
Ora che hai letto il messaggio ti preghiamo di rimetterlo all'interno della bottiglia e di ributtarlo nel mare virtuale della rete, affinchè altri naviganti come te possano trovarlo.
un saluto
O m B e L i C o D e L m O n D o
01/12/09
A C Q U A
Napoli, 19 novembre 2009
Acqua privatizzata
“MALEDETTI VOI….!”
Non posso usare altra espressione per coloro che hanno votato per la
privatizzazione dell’acqua , che quella usata da Gesù nel Vangelo di
Luca, nei confronti dei ricchi :” Maledetti voi ricchi….!”
Maledetti coloro che hanno votato per la mercificazione dell’acqua
Noi continueremo a gridare che l’acqua è vita, l’acqua è sacra,
l’acqua è diritto fondamentale umano.
E’ la più clamorosa sconfitta della politica. E’ la stravittoria dei potentati economico-finanziari, delle lobby internazionali. E’ la vittoria della politica delle privatizzazioni, degli affari, del business.
A farne le spese è ‘sorella acqua’, oggi il bene più prezioso
dell’umanità, che andrà sempre più scarseggiando, sia per i
cambiamenti climatici, sia per l’aumento demografico. Quella della
privatizzazione dell’acqua è una scelta che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese( bollette del 30-40% in più, come minimo),ma soprattutto dagli impoveriti del mondo. Se oggi 50 milioni all’anno muoiono per fame e malattie connesse, domani 100 milioni moriranno di sete. Chi dei tre miliardi che vivono oggi con meno di due dollari al giorno, potrà pagarsi l’acqua? “
Noi siamo per la vita, per l’acqua che è vita, fonte di vita. E siamo sicuri che la loro è solo una vittoria di Pirro. Per questo chiediamo a tutti di trasformare questa ‘sconfitta’ in un rinnovato impegno per l’acqua, per la vita , per la democrazia. Siamo sicuri che questo voto parlamentare sarà un “boomerang” per chi l’ha votato.
Il nostro è un appello prima di tutto ai cittadini, a ogni uomo e
donna di buona volontà .Dobbiamo ripartire dal basso, dalla gente
comune, dai Comuni.
Per questo chiediamo:
AI CITTADINI di
-protestare contro il decreto Ronchi , inviando e -mail ai propri parlamentari;
-creare gruppi in difesa dell’acqua localmente come a livello regionale;
-costituirsi in cooperative per la gestione della propria acqua.
AI COMUNI di
-indire consigli comunali monotematici in difesa dell’acqua;
-dichiarare l’acqua bene comune,’ privo di rilevanza economica’;
-fare la scelta dell’AZIENDA PUBBLICA SPECIALE.
LA NUOVA LEGGE NON IMPEDISCE CHE I COMUNI SCELGANO LA VIA DEL
TOTALMENTE PUBBLICO, DELL’AZIENDA SPECIALE, DELLE COSIDETTE
MUNICIPALIZZATE .
AGLI ATO
-ai 64 ATO( Ambiti territoriali ottimali), oggi affidati a Spa a
totale capitale pubblico, di trasformarsi in Aziende Speciali, gestite con la partecipazione dei cittadini.
ALLE REGIONI di
-impugnare la costituzionalità della nuova legge come ha fatto la
Regione Puglia;
-varare leggi regionali sulla gestione pubblica dell’acqua.
AI SINDACATI di
-pronunciarsi sulla privatizzazione dell’acqua;
-mobilitarsi e mobilitare i cittadini contro la mercificazione dell’acqua.
AI VESCOVI ITALIANI di
-proclamare l’acqua un diritto fondamentale umano sulla scia della
recente enciclica di Benedetto XVI, dove si parla dell’”accesso
all’acqua come diritto universale di tutti gli esseri umani, senza
distinzioni o discriminazioni”(27);
-protestare come CEI (Conferenza Episcopale Italiana) contro il
decreto Ronchi .
ALLE COMUNITA’ CRISTIANE di
-informare i propri fedeli sulla questione acqua;
- organizzarsi in difesa dell’acqua.
AI Partiti di
- esprimere a chiare lettere la propria posizione sulla gestione dell’ acqua;
-farsi promotori di una discussione parlamentare sulla Legge di
iniziativa popolare contro la privatizzazione dell’acqua, firmata da oltre 400.000 cittadini.
L’acqua è l’oro blu del XXI secolo. Insieme all’aria , l’acqua è il bene più prezioso dell’umanità. Vogliamo gridare oggi più che mai quello che abbiamo urlato in tante piazze e teatri di questo paese :
“L’aria e l’acqua sono in assoluto i beni fondamentali ed
indispensabili per la vita di tutti gli esseri viventi e ne diventano fin dalla nascita diritti naturali intoccabili- sono parole dell’arcivescovo emerito di Messina, G. Marra. L’acqua appartiene a tutti e a nessuno può essere concesso di appropriarsene per trarne illecito profitto,e pertanto si chiede che rimanga gestita esclusivamente dai Comuni organizzati in società pubbliche , che hanno da sempre il dovere di garantirne la distribuzione al costo più basso possibile.”
Alex Zanotelli
17/11/09
LAVORATORI?
Ci scandalizzano ancora queste immagini?
Hanno smosso qualcosa dentro di noi?
E mentre a Roma si sta svolgendo il vertice della FAO, dove personaggi parlano e cercano di scrivere documenti su come risolvere il problema della fame nel mondo, questi bambini per risolvere la cosa lavorano...lavorano...e ancora lavorano!!!
14/10/09
LA FAME NEL MONDO e L'INFORMAZIONE
Vi proponiamo diverse versioni della stessa notizia proposte da diversi giornali:
LA REPUBBLICA
Rapporto Fao e Pam, superata la soglia: +9% nell'anno in corso
Aumento del 15,4% nei Paesi ricchi. Ma in testa resta l'Asia-Pacifico
Oltre un miliardo soffre la fame
è il livello più alto dal 1970
In difficoltà i Paesi ricchi. E' nei nei Paesi ricchi che si registra un aumento degli affamati del 15,4% rispetto allo scorso anno. E' il principale risultato contenuto nell'edizione 2009 dello Stato dell'insicurezza alimentare nel mondo (Sofi 2009), diffuso oggi alla vigilia della Giornata mondiale dell'alimentazione. Il rapporto evidenzia che, in percentuale, è nei Paesi ricchi che aumenta di più la percentuale delle persone sottoalimentate: un aumento del 15,4%. E' di 15 milioni la quota assoluta di persone che hanno fame.
Le aree geografiche. Il record negativo di insicurezza alimentare lo mantiene la regione Asia-Pacifico, con 642 milioni di persone (+10,5%), seguita dall'Africa Subsahariana con 265 milioni (+11,8%), dall'America Latina con 53 milioni (+12,8%) e infine dal Nord ed est Africa con 42 milioni (+13,5%).
"100 milioni di persone in più". "Rispetto allo scorso anno oltre 100 milioni di donne, uomini e bambini in più, un sesto di tutta l'umanità hanno fame nel 2009 - scrivono nell'introduzione del rapporto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf e la direttrice esecutiva del Pam Josette Sheeran - la crisi del 2006-2008 nei prezzi delle materie prime alimentari ha escluso dalla portata del reddito di queste persone tutti gli alimenti di base, e alla fine del 2008 i ribassi erano in media ancora del 17% più alti di due anni prima della crisi. Questo ha costretto molte famiglie povere a scegliere tra cure sanitarie, scuola o cibo".
Il crollo degli aiuti nei Paesi più poveri. La Fao, su dati elaborati dal Fondo monetario internazionale, stima che nel 2009 i 71 Paesi più poveri del mondo sperimenteranno una caduta degli aiuti assoluta del 25% rispetto al 2008, che terrà i fondi sempre al di sopra del livello del 2007 ma costituirà comunque un problema per gli interventi sul campo.
L'appello al prossimo vertice. Il nuovo vertice per la sicurezza alimentare è previsto a Roma dal 16 al 18 novembre prossimi. Chiaro il messaggio lanciato a capi di Stato e di governo. Serve un intervento d'emergenza, con voucher alimentari, aiuti e reti di sicurezza e welfare immediato e, a medio termine, un vero programma di sostegno all'agricoltura contadina. "In passato, nei periodi di crisi, si è sempre assistito a una riduzione degli interventi pubblici a sostegno dell'agricoltura. Ma l'unico strumento efficace per vincere la povertà - avvertono i due responsabili delle Nazioni Unite - è un settore agricolo in piena salute". Il richiamo che Diouf lancia nell'introduzione del rapporto è al Joint Statement on Global Food Security (''L'Aquila Food Security Initiative'') lanciato dal G8 della scorsa estate, come testimonianza di un impegno istituzionale a sostenere lo sviluppo agricolo che sulla carta è stato rinnovato. Le preoccupazioni tra impegni ed erogazioni, però, rimangono evidentemente tutte sul tappeto.
LA STAMPA
L'Africa è il Continente della Fame. Nel Congo il 76% della popolazione è denutrito, nel Lesotho la metà dei bambini non mangia |
Le Ong: “Battaglia che può essere vinta, fate come in Brasile”
Un miliardo di persone su questo pianeta hanno fame. Quasi un terzo dei bambini cresce senza cibo sufficiente. La Fao chiede un aumento della produzione di cibo del 70% di qui al 2050. Un incubo - questa è la sorpresa, insieme positiva e sconvolgente - che potrebbe essere facilmente cancellato dalla faccia della Terra. Basterebbe seguire le politiche seguite da Paesi come il Brasile e la Cina, oppure come il Ghana il Vietnam e il Malawi.
Paesi differenti, visto che abbiamo citato insieme nuove potenze mondiali in crescita impetuosa ma anche Paesi africani poverissimi. Sono i Paesi che troviamo in testa alla classifica stilata dalla Ong ActionAid International, che alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione (programmata per il 16 ottobre) ha studiato cosa stanno veramente facendo 51 governi (29 di Paesi in via di sviluppo, 22 di Stati ricchi) per combattere concretamente la fame.
E scopriamo così che per dare cibo alla propria gente servono scelte politiche mirate e razionali, e non chiacchiere basate sull’ideologia: lo dimostra il buon risultato dell’Uganda, per esempio, e il trionfo (l’ennesimo) del Brasile di Lula. Mentre in fondo alla triste classifica troviamo una potenza emergente come l’India della grande crescita economica e delle decine di milioni di poveri. Stati che hanno la Bomba come il Pakistan, che fanno peggio della disastrata Cambogia o del Guatemala.
E sul versante opposto, scopriamo che tra i Paesi ricchi l’Italia fa una pessima figura: riduce l’ammontare degli aiuti e la loro efficacia e si classifica soltanto al quattordicesimo posto. Lontanissima dalla Francia, dalla Spagna e dai virtuosi Paesi scandinavi. Insomma, se si volesse, la fame non ci sarebbe più.
L’indagine di ActionAid - che ha utilizzato una sofisticata e ampia serie di indicatori per valutare le performances dei governi, ovviamente pesando nel modo giusto la realtà di Paesi «importanti» e in forte sviluppo come Cina, India, Brasile e Sud Africa - mostra con chiarezza che a fare la differenza sono «politiche statali coerenti e determinate», con aiuti consistenti diretti ai contadini più poveri e politiche sociali per i poveri, salvaguardando le produzioni rivolte al consumo interno rispetto a quelle per l’export, favorendo una più equa distribuzione delle terre.
E così il Brasile di Lula (che aveva sei anni fa lanciato il programma «Fome Zero») ha ridotto del 73% la malnutrizione infantile; la Cina ha portato ai minimi termini (9%) il numero degli affamati. Anche Paesi a basso o bassissimo reddito come il Ghana o il Malawi (in pochi anni diventato un Paese con grande eccedenze di produzione alimentare, e raccolti triplicati) ottengono grandi risultati, con governi stabili e politiche di investimento che toccano davvero i piccoli produttori.
Al contrario, la «ricca» India vede aumentare gli affamati di 30 milioni di persone, superata da Etiopia e Cambogia. E il grande Pakistan è al livello della tormentata Sierra Leone. Le cose andrebbero molto meglio se l’aiuto dalla parte ricca del mondo fosse più consistente e «stabile». Si continuano a firmare impegni per dimezzare la fame entro il 2015, ma finora l’unica cosa che si dimezzano sono i fondi per gli aiuti. E i danari promessi al G8 dell’Aquila sono rimasti tragicamente sulla carta. In questo quadro l’Italia è al quattordicesimo posto su 22, insieme alla Germania, anche se fa meglio di Giappone e Usa.
E per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo dopo i drastici tagli delle ultime Finanziarie il Belpaese mette a disposizione soltanto lo 0,15% del Pil, lontanissimo dallo 0,51% che dovremmo assicurare entro il 2010. «Siamo ai livelli minimi dal 1997 - accusa Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid Italia -. Per rimettersi in carreggiata l’Italia deve rapidamente ripensare le scelte fatte dall’inizio della legislatura e aumentare le risorse destinate alla cooperazione».
IL CORRIERE DELLA SERA
Il livello più alto dal 1970
La fame nel mondo aumenta
Colpite un miliardo di persone
Dati Fao-Pam: 1,02 miliardi i sottonutriti, +9% rispetto allo scorso anno anche a causa della crisi globale
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NOTIZIE CORRELATE
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Fao: oltre un miliardo d'affamati(19 giugno 2009)
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Italia: la nuova povertà è alimentare, di A. Jacchia (3 ottobre 2009)
ROMA - La Fao conferma i dati di giugno: gli affamati nel mondo sono cresciuti del 9% nell'anno in corso, arrivando a 1,02 miliardi, il livello più alto dal 1970. Lo afferma il rapporto pubblicato dall'agenzia delle Nazioni Unite per l'agricoltura e l'alimentazione e dal Programma alimentare mondiale (Pam). A causa della crisi globale molti Paesi hanno subito cali generalizzati nei flussi finanziari e commerciali, la caduta verticale delle entrate delle esportazioni, degli investimenti esteri, degli aiuti allo sviluppo e delle rimesse in denaro. Ciò significa che non solo il consumo alimentare si è ridotto, ma alcuni Paesi a basso reddito con deficit alimentare hanno dovuto diminuire le importazioni di derrate alimentari, di medicine e attrezzature mediche. (Afp)
SOTTONUTRIZIONE - Secondo il rapporto Fao-Pam, la sottonutrizione è una realtà estesa in Asia e nel Pacifico dove si stima che gli affamati siano 642 milioni, ma non risparmia neanche i Paesi sviluppati dove sono 15 milioni a soffrire la fame. Una ricerca della Fondazione per la sussidiarietà resa nota recentemente, riporta che anche in Italia il 5,3% delle famiglie, pari a 3,5 milioni di persone, non ha abbastanza soldi per un’alimentazione adeguata. Gli affamati sono 265 milioni nell'Africa sub-sahariana, in America Latina e Caraibi 53 milioni, nel Vicino Oriente e Nord Africa 42 milioni.
TENDENZA - Nel corso dell'ultimo decennio, spiega il rapporto Fao-Pam, il numero delle persone sottonutrite è aumentato in modo lento ma costante. Proprio questo aumento, che si è verificato anche nei periodi di sviluppo, mostra la debolezza del sistema mondiale di controllo della sicurezza alimentare. «I leader mondiali hanno reagito con determinazione alla crisi economica e finanziaria e sono stati in grado di mobilitare miliardi di dollari in un lasso di tempo molto breve», afferma il direttore generale della Fao, Jacques Diouf. «La stessa azione decisa è adesso necessaria per combattere fame e povertà». Secondo Diouf è «essenziale investire nel settore agricolo dei Paesi in via di sviluppo, non solo per sconfiggere fame e povertà, ma anche per assicurare una generalizzata crescita economica, e dunque pace e stabilità nel mondo». Anche perché attualmente è in atto il più basso livello di aiuti alimentari mai registrato, ha dichiarato Josette Sheeran, direttrice esecutiva del Pam. «Sappiamo quello che occorre per coprire le necessità urgenti, quello che serve sono le risorse e l'impegno internazionale per farlo», ha concluso Sheeran.
AVVENIRE
gli affamati nel mondo»
Rischio paesi ricchi. Anzi: persino nei Paesi ricchi registriamo un aumento degli affamati del 15,4% rispetto allo scorso anno. È il principale risultato contenuto nell'edizione 2009 dello Stato dell'insicurezza alimentare nel mondo (Sofi 2009) che lancia oggi alla vigilia della Giornata mondiale dell'alimentazione che si celebra domani. Che segnala un'amara sorpresa: percentualmente sono i Paesi ricchi ad aver visto il numero delle persone che hanno fame crescere di più, registrando un aumento del 15,4% e raggiungendo la quota assoluta di 15 milioni di affamati.
Il record negativo di insicurezza alimentare lo mantiene la regione Asia-Pacifico con 642 milioni di persone che hanno fame (+10,5%), seguita dall'Africa Subsahariana con 265 milioni (+11,8%), dall'America Latina con 53 milioni (+12,8%) e infine dal Nord ed est Africa con 42 milioni (+13,5%).
100 milioni di persone affamate in più. «Rispetto allo scorso anno oltre 100 milioni di donne, uomini e bambini in più, un sesto di tutta l'umanità hanno fame nel 2009 - scrivono nell'introduzione il direttore generale della FAO Jacques Diouf e la direttrice esecutiva del PAM Josette Sheeran, che per le Nazioni Unite -. La crisi dei prezzi delle materie prime alimentari del 2006-2008 ha portato fuori dalla portata del reddito di queste persone tutti gli alimenti di base e nonostante i ribassi alla fine del 2008 erano in media ancora del 17% più alti di due anni prima della crisi. Questo ha costretto molte famiglie povere a scegliere tra cure sanitarie, scuola e cibo».
L'importanza dell'agricoltura. Il messaggio lanciato al nuovo Vertice per la sicurezza alimentare vedrà i Capi di Stato e di Governo nuovamente a Roma dal 16 al 18 novembre prossimi è molto chiaro: c'è bisogno di una strategia a due tempi: un intervento d'emergenza, con voucher alimentari, aiuti e reti di sicurezza e welfare immediato, e a medio termine un vero programma di sostegno all'agricoltura contadina. «Nei tempi
di crisi passati si è sempre assistito a una riduzione degli interventi pubblici a sostegno dell'agricoltura. Ma l'unico strumento efficace per vincere la povertà - avvertono i due responsabili delle Nazioni Unite - è assicurarsi un settore agricolo in piena salute».
Un continente che ufficialmente non esiste
Prendiamo spunto ancora una volta da Internazionale e vi segnaliamo il seguente articolo:
Nel mondo 51 milioni di bambini nati nel 2007 non sono registrati. Di questi, 9,7 milioni sono nell’Africa subsahariana. In Somalia solo il 3 per cento degli abitanti ha un certificato di nascita. Sono i dati pubblicati il 6 ottobre dall’Unicef nel rapporto “Progressi per i bambini”.
Il quotidiano francese Le Monde pubblica un’indagine sui bambini non registrati in Namibia, un paese molto grande e con pochi abitanti, dove spesso gli edifici statali o gli ospedali sono molto lontani dai villaggi. Nel 2009 il governo ha deciso di adottare dei provvedimenti per porre fine al problema dei milioni di bambini che non sono iscritti nei registri dell’anagrafe.
La prima decisione è stata quella di rendere possibile la registrazione dei neonati direttamente all’ospedale: sono le infermiere a dare i moduli alle madri. Entro il 2010 questa pratica dovrebbe essere possibile in 34 ospedali, in tutto il paese. Da solo, però, questo provvedimento non basta, anche perché non tiene conto della tradizione che prevede che il bambino riceva il nome dal padre dopo essere stato presentato a tutta la famiglia. Per sanare la situazione dei tanti bambini senza documenti, tra agosto e settembre, alcuni funzionari pubblici, con il sostegno finanziario dell’Unicef, hanno raggiunto i più sperduti villaggi del paese per registrare tutti coloro che sono senza documenti.
La Nambia, insomma, ha cominciato a prendere sul serio il problema, visto che la registrazione anagrafica è anche uno strumento che permette di accedere a diritti e servizi - come la scuola, le strutture sanitarie, il voto - e difende i bambini dalla riduzione in schiavitù o dal reclutamento forzato.
Nella stessa direzione va anche il programma Bravo! (Birth registration for all versus oblivion) della Comunità di Sant’Egidio, che in Burkina Faso ha avviato le attività di registrazione anagrafica della popolazione. Sono in molti, soprattutto donne e i bambini, a non essere mai stati registrati e a non possedere un certificato di nascita. Ora si presentano presso i centri mobili per usufruire dell’opportunità offerta: fino a maggio del 2010 la registrazione tardiva sarà gratuita per tutti, adulti e bambini, senza più multe.
12/10/09
Com’è difficile diventare madri in India
Ogni anno in India una donna su 70 - tra quelle che hanno raggiunto l’età fertile - muore per complicazioni legate al parto, denuncia Human rights watch (Hrw). Ad aggravare la situazione c’è il fatto che gli ultimi dati ufficiali risalgono al 2005: oggi nessuna istituzione o ente si occupa di raccogliere informazioni sulla mortalità legata alla maternità. Il rapporto di Hrw “Un dramma senza cifre: le responsabilità dell’assistenza sanitaria alla maternità in India” evidenzia la gravissime carenze del sistema sanitario indiano.
Nel 2005 il governo aveva lanciato un programma di sensibilizzazione sanitaria nelle zone rurali che si basava sulla garanzia di servizi concreti. Particolare attenzione era rivolta alle questioni materne: cure ostetriche di emergenza, dislocamento in caso di complicazioni e trattamenti post parto. Questo sistema non è mai entrato a regime. Oggi la maggior parte delle morti sono dovute al fatto che questi centri non sono attrezzati: mancano chirurghi, sangue per trasfusioni e addirittura ambulanze o mezzi di trasporto per trasferire le pazienti più gravi agli ospedali.
Gli ultimi dati mostrano una situazione gravissima, che è sicuramente peggiorata negli ultimi anni: in centomila parti di bambini nati vivi, 450 donne muoiono, contro le 3 dell’Italia, o le 140 dell’Iran. Questa situazione ha anche delle gravi ripercussioni sul piano sociale: aumentano gli orfani, che spesso pesano su sorelle e cognate e le famiglie si indeboliscono. E il problema più grande, insiste Hrw, è che non è possibile individuarne le responsabilità.
Articolo tratto da internazionale online
11/10/09
SEMBRA CHE QUALCOSA SI STIA MUOVENDO
Un grazie di cuore ad @lby per il suo lavoro.
LOGO 1:
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LOGO 3:
LOGO 4:
05/10/09
LA SITUAZIONE DEGLI AIUTI UMANITARI
L’aiuto umanitario è in crisi?
L’aiuto d’emergenza fornito dalle 37mila ong nel mondo è veramente super partes? Al pubblico dell’affollatissimo teatro comunale di Ferrara hanno provato a dare una risposta Linda Polman, giornalista olandese che ha raccontato varie missioni di peacekeepng in Africa, David Rieff giornalista statunitense che si è occupato di azione umanitaria e Jean-Hervé Bradol, ex presidente di Medici senza frontiere.
“Quello degli aiuti umanitari è un settore dove c’è un giro di soldi colossale, che fa gola sia ai signori della guerra sia ai ribelli. Le ong dovrebbero fermarsi quando perdono il controllo sulla reale destinazione degli aiuti. Per questo dovrebbero andare via da zone di conflitto come il Darfour e occuparsi di altre regioni del mondo non controllate dai signori della guerra. Così salverebbero molte più vite”, afferma Linda Polman.
Non la pensano così David Rieff e Jean-Hervé Bradol che hanno un approccio più “pragmatico”. “L’idipendenza delle ong è un mito. Purtroppo bisogna fare dei compromessi, altrimenti sarebbe la fine degli aiuti umanitari”, spiega Rieff. Bradol aggiunge che “è difficile far accettare a chi comanda il principio che una ong deve essere imparziale. Nonostante i compromessi, però, nel corso degli anni la qualità dell’aiuto umanitario è migliorata”.
02/10/09
TECNOLOGIA: nuova versione di UBUNTU
Tenete d'occhio il conto alla rovescia...sta per arrivare la versione 9.10...il KOALA KARMICO presto sarà tra noi!!!
GIORNATA MONDIALE DELLA NON VIOLENZA
GIORNATA MONDIALE DELLA NON VIOLENZA.
Una buona giornata a tutti
BAMBINE PROSTITUTE A 46 CENTESIMI L'ORA
Un articolo tratto dal sito del Corriere della Sera
la ong impegnata a favore di bambini e donne in stato di povertà
Denuncia di Soleterre: «In Costa d'Avorio bambine prostitute a 46 centesimi l'ora»
Le minorenni si vendono per avere 230 euro necessari per l'iscrizione a scuola. Il reddito medio è di 30 euro
MILANO - Tra prostituzione, pornografia e violenze sessuali la situazione di moltissimi bambini in Costa d'Avorio . circa quattrocentomila - è drammatica. La denuncia è della ong Soleterre, che opera a favore di persone in stato di povertà estrema. C'è un dato sconvolgente: nel Paese africano, dove il reddito medio mensile delle famiglie è di 30 euro, per avere un rapporto sessuale con un bambina sono sufficienti 46 centesimi. Spesso i genitori non possono permettersi di mandare i figli a scuola né di comprare libri e quaderni. Così le minorenni decidono di prostituirsi per raccogliere i 230 euro necessari per iscriversi. Le famiglie fingono di non sapere, ma c'è anche chi abbandona bambini e ragazzini. Soleterre ha aperto nel 2008 un centro d'accoglienza e reinserimento socio-professionale a Bouakè per prostitute minorenni.
DALLA CITTÀ ALLA CAMPAGNA - Sono oltre 5mila le bambine prostitute dai 12 ai 18 anni censite nella sola Abidjan, capitale della Costa d'Avorio. Bambine che hanno perso i genitori nella guerra civile o a causa della crisi finanziaria che ha creato un fenomeno di immigrazione di ritorno, riportando le famiglie dalla città alla campagna. La povertà è il principale motivo per cui le bambine sono ridotte a schiave sessuali: ciò avviene nel 77% dei casi.
01 ottobre 2009
28/09/09
Pronto, chi paga?
Un bel articolo comparso sul sito di internazionale in cui si vede come la tecnologia possa essere applicata ai paesi in via di sviluppo.
Pronto, chi paga?
A questo link, l'articolo originale dell'economist!!!
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11/09/09
Quella zanzariera che salva i bambini
La mortalità infantile sotto i 5 anni è scesa per la prima volta sotto i 9 milioni grazie alla diffusione delle zanzariere antimalaria e l’uso del latte materno. Eppure i Paesi ricchi continuano a mandare cibo e denaro in Africa. Ma i nostri aiuti servono?
ELENA LISA MILANO
Li chiamano miracoli silenziosi. Si sono mossi adagio, con poco rumore, limitate spese e senza che il resto del mondo, quasi, conoscesse la loro azione costante e capillare. E così, piano, piano, ma con perseveranza hanno salvato la vita a oltre tre milioni di bambini africani.
Accade, infatti, che per la prima volta, secondo i dati Unicef, la media della mortalità annuale dei più piccoli sia scesa, nel continente nero, sotto i nove milioni. Cinque anni fa superava i dodici. Una cifra che resta spaventosa e della quale sembra impossibile gioire o anche solo dirsi soddisfatti, ma poi, quando si pensa a come il risultato sia stato raggiunto, con progetti di solidarietà mirata e a basso costo, allora tutto dà speranza e sembra possibile. Di fatto, oggi muoiono 10 mila bambini al giorno in meno rispetto al 2004.
Il dubbio
Per dimezzare, com'è accaduto in Kenya, la morte di chi ha meno di cinque anni, è bastato l'uso di zanzariere contro gli insetti portatori di malaria. In Zimbabwe, invece, le campagne che spingono le donne ad allattare al seno i figli, per rinforzarne il sistema immunitario e prevenire, ad esempio, la diarrea, ha salvato dalla morte per disidratazione circa il 20 per cento dei neonati. Comunissime vaccinazioni contro morbillo, pertosse, e tetano, hanno fatto il resto in tutto il continente. Soluzioni mirate, appunto, che hanno salvato vite. Altre si affiancheranno a breve: il 15 ottobre partirà la campagna Unicef per educare grandi e piccoli a un gesto semplice, lavarsi le mani per stoppare malattie a trasmissione rapida.
Salvezza low cost
Grandi miracoli, poco tecnologici e a basso costo che, inevitabilmente, pongono un interrogativo: ma se non servono grandi spese per fare grandi miracoli, bisogna cominciare a chiedersi se i Paesi ricchi, Italia compresa, stanno davvero agendo nella direzione giusta per l’Africa? La «nostra» beneficenza, quella taglia maxi, capace di costruire cattedrali, è davvero efficace? «Per aiuto mirato intendiamo puntare su un progetto utile - dice Roberto Salvan, direttore generale per l'Unicef, in Italia - e questo sia che si tratti di una zanzariera impregnata di repellente anti-malaria, sia di un corso di scolarizzazione. Il punto fondamentale, per la nostra esperienza, è che senza il coinvolgimento della popolazione non si raccolgono risultati».
Visione locale
Condividere con i governi africani e con le popolazioni il progetto di sostegno per conoscere le effettive necessità del posto: «Sono molti i governi a cui bisogna pagare tangenti - continua Salvan - ma è anche vero che qualsiasi aiuto, senza prima chiedere una collaborazione, una specie di permesso, assomiglia a una prepotenza, è quasi un'invasione. E poi, conoscere bene posti e usanze, è inequivocabilmente utile…». Utile per evitare sprechi, com’è accaduto quando, in alcuni Stati dell'Africa, l'Unicef, all'inizio della campagna per prevenire le morti per malaria, ha distribuito le prime zanzariere. Erano tutte bianche e sono state scambiate, dalle donne, come stoffa per confezionare abiti. Ma utile anche per «educare» gli uomini del villaggio e insegnar loro che, dormire protetti sotto la zanzariera, non era una loro prerogativa.
E' proprio la malaria, infatti, il nemico numero uno dell’Africa: provoca una morte ogni 30 secondi e, non a caso, viene chiamata «big killer».
Le zone più devastate sono quelle nella parte sud sahariana, dove avviene il 90 per cento dei decessi. I primi ad ammalarsi sono i bambini che nei canali di scolo di acque putride, dove le zanzare si riproducono e nidificano, ci vanno per giocare o li usano come gabinetti. Per questo la malaria è definita anche malattia dei poveri perché colpisce le persone incapaci di procurarsi misure minime di protezione. L'Unicef, che ha distribuito gratis 35 milioni di zanzariere bagnate nel repellente, l'ha definito il miglior intervento mai attuato in rapporto ai costi e ai benefici.
Un'operazione, impostata in parte sulla beneficenza e sul volontariato, di non minor impatto rispetto alla ricerca farmaceutica che sta lavorando alla sperimentazione di una cura che ripulisca velocemente il sangue dal parassita e semplifichi la terapia ai bambini. Nei casi gravi di malaria, infatti, i piccoli pazienti non sono in grado di ingerire medicinali e la terapia diventa possibile solo per via endovenosa.
Dice Caterina Cognini, presidente di Ecosafaris, un'associazione italiana che per finanziarsi organizza anche viaggi di lavoro-vacanza nei villaggi in Uganda: «Siamo un piccolo gruppo, per questo dobbiamo fare attenzione ad evitare sprechi. In questo momento, con una organizzazione locale, stiamo collaborando per costruire un centro di accoglienza per bambini malati. Quando arriviamo tra le popolazioni con i nostri soldi e pensiamo a cosa possiamo fare ci crediamo capaci di risolvere qualsiasi problema, ma poi ci accorgiamo presto che, più di tutto, fanno i nostri abbracci e i loro sorrisi».