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31/03/11

è proprio necessario abbracciare tutto il pacchetto?

Ciao a tutti amici dell' O m B e L i C o D e L m O n D o,
abbiamo ricevuto questa mail da parte di Daniela e siamo felici di pubblicare la discussione a cui si riferisce; anche perchè sappiamo che forse qualcuno di voi è andato alla fiera a cui si fà riferimento:

vi mando un link interessante relativo all'evento Fa la Cosa Giusta dello scorso weekend a Milano.
L'articolo é sanamente polemico e può magari suscitare un dibattito interessante, se vi va li linkarlo e diffonderlo!
ciao


Daniela
http://luccioleelanterne.blogspot.com/2011/03/la-cosa-giusta.html


Per commenti od opinioni, sperando ne possa nascere una bella discussione, potete usare la voce "commenti" che trovate alla fine del post.

Questo il testo del post a cui si fa riferimento:
Era tanto che non andavo a Fa' la cosa giusta. Devo esserci stata nel 2004, forse nel 2005. Quest'anno ho voluto tornarci, anche perché so che nel frattempo si è ampliata, ha maggiore risonanza e un maggior numero di espositori. Ci sono stata ieri, con la mia famiglia. E ne sono tornata un po' perplessa. Di buono c'è molto. La sezione alimentare mi sembra perfetta, forse perché è il settore che, tra biologico ed equo-solidale, si è affermato maggiormente anche a livello di mainstream: è più diffusa la convinzione che si tratti di prodotti più buoni, al di là degli aspetti della salute e/o dell'equità del trattamento lavorativo. Il resto della fiera (non l'ho vista tutta, solo alcune parti di critical fashion, prodotti vari e onlus) mi è sembrato oscillare tra il mercatino comune (intendo senza particolari motivazioni etico-ecologiche), l'omelia radical chic e la corsa a chi è più meritevole di essere aiutato. Sicuramente i prodotti non alimentari non hanno fatto nessuno sforzo per uscire dal cerchio ristretto in cui sono accettati e conosciuti: se la sono suonata e cantata tra i soliti amici, insomma. Per esempio, l'acqua. Ho orecchiato una conferenza sull'acqua che aveva toni molto da omelia: l'acqua è un bene di tutti, sarà la risorsa del domani, eccetera. Sono assolutamente d'accordo con questo discorso, ma, se vuoi convincere la gente, secondo me devi puntare su argomenti più terra terra. Io sono stata convinta a prendere il gasatore (non ho bisogno di un filtro, ma avrei preso anche quello al bisogno) perché la prospettiva di non avere più pacchi di bottiglie in giro mi ha resa felice (e ho avuto ragione). Epperò ho girato la fiera con una bottiglietta d'acqua nello zaino, perché non potevo andare a fare la fila al(l'unico o quasi) distributore ogni volta che i miei figli avevano sete. Quindi non so se alla fine questo modo di presentare l'acqua "del rubinetto" sia stato vincente o no: in tanti si saranno scocciati come me. Eppure io a casa mia non uso bottiglie di plastica, mi porto addirittura l'acqua da casa in ufficio. Oppure la moda: le proposte che ho visto erano anche molto carine (ho lasciato gli occhi su una gonna-vestito in seta indiana...), ma non accessibili a tutti. Ottima l'idea dei jeans equi e solidali, ma per il resto ho visto abiti che non molti potrebbero mettere in ufficio. Io stessa in ufficio non ho un particolare dress code, ma da quando ho più rapporti col pubblico preferisco un abbigliamento più "normale", senza rinunciare al mio stile per carità. Oltretutto, il mio abbigliamento cerca di essere il più economico possibile per puntare sulla varietà (ovvero non dovermi ridurre a lavare la maglietta alla sera per rimetterla il giorno dopo, non è una questione di estetica ma di pulizia): catene low cost, stock, vintage (per non dire "usato", che non fa poi così fine). Quindi ho trovato molto bella l'iniziativa dell'Armadio (che non era neanche nel settore fashion), che vendeva abiti usati a prezzi paragonabili a quelli del Mercatino di TdH che frequento a Pavia: ho preso una maglia e 3 maglioni per un totale di neanche 10 euro. Ma ho trovato poco "sostenibili" le proposte delle sartorie/aziende di abbigliamento: sia quelle che proponevano abiti nuovi a costi "equi e solidali" sia quelle che proponevano oggetti ricavati da materiale di recupero (belle trovate, ma spesso poco portabili per quanto riguarda me e la maggior parte delle persone che conosco). Insomma, sono uscita dalla fiera con una sensazione poco piacevole e con una certezza: non è con questo atteggiamento che i comportamenti e i prodotti "giusti" si imporranno sul mainstream. Sono dell'idea che o si vuole rimanere una élite perché fa figo (nel qual caso, avanti tutta!) o si deve cambiare atteggiamento e cominciare a parlare la lingua delle persone che devono ancora essere convinte. Non dico di snaturarsi, ma insomma, si può bere l'acqua del rubinetto e girare coi tacchi a spillo anziché con le birkenstock: non è necessario abbracciare tutto il pacchetto.

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